martedì 29 aprile 2014

Il furto della collana Victoria

«Allora, cos'è successo?» Chiese il commissario arrivando sulla scena, rivolgendosi in generale a tutti gli agenti presenti. Gli si avvicinò l’agente P. «Buonasera Commissario. Hanno rubato la Collana Victoria…»
«E niente altro?» Chiese quasi meravigliato il Commissario, rendendosi conto solo allora di trovarsi alla mostra “Gioielli reali: tra lusso e storia”, per cui tutta la città era tappezzata di locandine e di attenzione mediatica.
«No signore. Ma ho parlato con il Direttore del museo,» disse indicando un omino afflitto che parlava con l’agente della sicurezza del museo, «e la collana vale parecchi milioni di euro, senza parlare del suo valore storico… Insomma, sia che venga venduto sul mercato nero delle opere d’arte, sia che venga smontato e venduto per singole gemme, il ladro si sistema per tutta la vita.»
«Cos'ha detto? Il ladro? Come fa ad essere sicuro che si tratti di una sola persona?» Il commissario conosceva bene l’agente P., non parlava mai a caso e se aveva detto “il ladro” in modo così convinto, voleva dire che a riguardo aveva qualche indizio certo. Proprio per questo sulla sua scrivania aveva pronta una lettera di raccomandazioni per la sua promozione.
«Il furto è avvenuto con una destrezza unica. Senza interrompere gli allarmi elettronici ed eludendo le videocamere. Di sicuro un contorsionista o qualcosa del genere. Assieme all'agente Z. abbiamo visionato la videocassetta di sorveglianza e abbiamo colto un’ombra che si arrampicava su questo spigolo.» E indicò uno spigolo di pochi centimetri in alto sulla parete alta di fronte la bacheca che conteneva la Collana Victoria. «Il ladro si è calato dal tetto,» proseguì, dirigendosi verso la finestra e indicando un grande cerchio tagliato nel vetro, da cui penzolava una corda da alpinista, «e poi vi è risalito arrampicandosi sulla corda. Una sola persona, perché non aveva bisogno di complici che disattivassero allarmi o lo aiutassero in alcun modo.» Sentenziò infine.
Il Commissario si affacciò alla finestra con la testa nel buco e si ritrasse di colpo: una lieve vertigine dovuta all'altezza. In cuor suo non poté non avere un guizzo di ammirazione per il ladro.
«Testimoni?»
«La guardia notturna non ha visto niente. Abbiamo fermato una ragazza, che passeggiava fuori dal museo. La sta interrogando Z., ma sembra che non abbia visto nulla. Per di qua.»
L’agente P., seguito dal Commissario, scese le scale con passo atletico fino al piano terra, dove l’agente Z. era seduto su una panca con una giovane ragazza grassoccia. La ragazza sembrava molto tranquilla e continuava a scuotere la testa. L’agente Z., non appena si accorse della presenza del Commissario, gli si avvicinò. «Buona sera Commissario.»
«’sera. La testimone?»
«Afferma di non aver visto niente… Dice di essere uscita a fare due passi nella notte, perché soffre d’insonnia…»
«Be’, se il ladro è entrato e uscito dal tetto è plausibile.» Sussurrò il Commissario. «Prenda le sue generalità e la mandi a casa. Di certo non è lei!» Aggiunse con una risatina, alludendo alla forma fisica poco atletica della giovane; i due agenti complici risposero anch’essi con una risatina.
La ragazza venne congedata e salutò con un cenno del capo in direzione del Commissario quando con passo lento e pesante uscì dal museo. I poliziotti ripresero il loro lavoro incuranti.
Una volta fuori dal museo, la giovane prese una lunga e profonda boccata d’aria. Le piaceva l’aria fresca della notte. Si fermò a guardare in alto il palazzone del museo e osservò per un istante la finestra sfregiata dal ladro.

Poi riprese con il suo passo pesante la sua passeggiata, cercando di avvilupparsi intorno al corpo il giaccone nero, che a stento si chiudeva attorno alle sue rotondità. Poi, con un sorriso si mise le mani in tasca e ne toccò il contenuto. Dopotutto il suo aspetto, che tanto la complessava, aveva i suoi vantaggi: nessuno immaginava la sua grande agilità da atleta e men che meno il Commissario poteva sospettare che le prodezze del ladro contorsionista le poteva fare un corpo come il suo. In fondo la ricompensa per tanti anni di umiliazioni e per la superficialità di tutti coloro che la giudicavano solo dall'aspetto non era solo quello economico, che le avrebbe portato la Collana Victoria, ma era lo stupore ebete che di lì a poco la scoperta dell’identità de ladro avrebbe suscitato. Ma quando ciò accadde, lei era già lontana.

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